A Villanova delle Capanne si viveva, si lavorava, si giocava con le erbe palustri. L’intera economia del piccolo paese era fondata sull’utilizzo e la raccolta di queste materie prime naturali che crescevano spontaneamente nel territorio.

5 i tipi di erbe usati: canna, stiancia, giunco lacustre, carice e giunco pungente, oltre all’utilizzo del legno nostrano, come il pioppo e il salice.
Le attività della comunità si svolgevano in piena armonia con la natura: l’utilizzo delle erbe tramite gli sfalci stagionali garantiva, infatti, il continuo rinnovarsi dell’ecosistema vallivo.

La canna

La canna veniva sfalciata in momenti diversi dell’anno a seconda del suo utilizzo specifico. In agosto, si raccoglieva il fiore prima che raggiungesse la piena fioritura, per realizzare i spazó, scope fini, morbide e decorate utilizzate per gli interni, che si affiancavano all’altra tipologia di scopa in saggina, più dura e resistente adatta per la pulizia del camino e dei selciati esterni.
In settembre, quando la canna si era sviluppata ad altezza d’uomo, si otteneva il sottoprodotto ottimale per la costruzione delle varie tipologie di capanni. In dicembre, infine, dopo le prime gelate, si raccoglieva la canna pienamente sviluppata, che può raggiungere i 4 metri, utilizzata per i graticci.

La stiancia e il giunco lacustre

La stiancia, localmente chiamata pavìra, è un’erba che veniva sfalciata nelle valli ferraresi e bolognesi durante il mese d’agosto. Questa era l’erba più utilizzata per la realizzazione della vasta gamma di manufatti villanovesi: sporte, borse, stuoie, cestini, cappelli, calzature, panciotti, impagliature per fiaschi.

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Col giunco lacustre, un’erba sfalciata nel mese di giugno, si realizzavano i richiami da caccia e alcuni tipi di sporte, fra le quali la sportla de pès o sportla lèsa (sporta del pesce o sporta liscia), il più antico manufatto villanovese eseguito con le sole mani, senza l’utilizzo di sagome di legno.

La carice, il giunco pungente

La carice veniva sfalciata principalmente nelle valli ravennati di Punte Alberete nel mese di giugno. Singolari sono le sue fasi di lavorazione: la prima fase consisteva in una pettinatura per mezzo di grandi pettini dai denti metallici, successivamente si effettuava la legatura del fascio e l’imballaggio. La carice è di due tipi, ciascuna con un utilizzo diverso: la carice massima o bianca veniva usata per l’impaglio del fiasco “tipo Chianti” e delle sedie fini; mentre la carice acuta, o stretta, era utilizzata per la costruzione della tnisa (la corda utilizzata per ordire il telaio utilizzato nella produzione delle stuoie), dei legacci per i covoni del grano e del riso (i bêlz) e per l’impaglio delle sedie rustiche.

Il giunco pungente, utilizzato per la realizzazione a telaio di bellissimi e resistenti stuoini per le finestre, è l’ unica erba che non veniva sfalciata ma raccolta, nei mesi di luglio e agosto, strappando ogni singolo stelo con l’infiorescenza.

Un tempo a Villanova erano molte diffuse anche le attività di costruzione di stie, sedie e pale. Questa lavorazione del legno non avveniva in falegnamerie attrezzate ma in piccole botteghe, principalmente con 2 attrezzi: il “cavallo” e il coltello con la doppia impugnatura. Il manufatto finale si otteneva con il semplice incastro delle sue varie parti, come le stie per l’allevamento e per il trasporto degli animali da cortile e le varie tipologie di sedie tra le quali si distingue la scarena cun e’ spadagló sedia con spalliera leggermente sporgente ai lati. Tanti anche i manufatti realizzati mediante l’intreccio dei rami di salice da vimine, tra i quali i più originali sono: le rasparole, filtri per fermare i raspi d’uva all’interno del tino, e’ crén, per il trasporto del fieno e la cróla, gabbia per la chioccia e i pulcini.

Ecomuseo delle Erbe Palustri

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